L’intestino e la colonna vertebrale. Ci sono delle relazioni ?

“In che senso?” vi starete chiedendo, eppure è più semplice di quanto pensiate: l'intestino è a contatto con la colonna vertebrale e con i suoi muscoli.

Vediamo come…

L’intestino tenue (digiuno e ileo) è lungo in media da 6 a 7 metri pur potendo essere la sua lunghezza assai variabile e le sue anse sono raccolte e collegate in un sacco che avvolge tutto l’apparato digestivo. Questo sacco si attacca con una radice, il mesentere, alla parete anteriore della schiena a livello lombare con un’andatura trasversale e appoggia proprio di fronte alle vertebre lombari. È pressochè inevitabile che un malfunzionamento intestinale si ripercuota anche sulla schiena.

Poiché questa radice è un’importante crocevia di vasi e nervi, si rivela sensibilissima al funzionamento dell’intestino stesso: si può ben comprendere come una sua alterazione si ripercuota sulla radice stessa e, attraverso connessioni connettivali e muscolari, alla colonna lombare.

La colonna, per contrastare la tensione esercitata dalla radice, sarà costretta a sviluppare un’azione uguale e contraria, per cui anch’essa si irrigidirà provocando un aumento di tono della muscolatura che nel tempo può essere sede di fastidi/dolori. Questo processo avviene sia in caso di stipsi che di colite.

Se da una parte è bene controllare l’igiene intestinale con l’alimentazione in quanto la funzione (intestinale) influenza la struttura, non dimentichiamo l’importanza del movimento poiché è la struttura (colonna lombare) a governare la funzione.

È dunque di fondamentale importanza che la struttura portante sia libera di muoversi assicurando alle vie passanti per l’intestino una comunicazione più efficace con gli organi addominali: la digestione sarà facilitata ed il transito intestinale migliorato. 

A tal proposito, ricondurre l’attenzione del singolo sull’importanza dello scheletro e sul ruolo che l’apparato di sostegno ha nella nostra salute più in generale è un compito arduo, ma indispensabile.

Quando si parla di struttura in termini patologici spesso ci sovviene l’Osteoporosi, ma vediamo insieme di cosa si tratta ecosa comporta.

Che cos’è l’Osteoporosi? Cosa Comporta?

L'osteoporosi si definisce come "una malattia sistemica dello scheletro, caratterizzata da ridotta massa minerale e deterioramento microstrutturale del tessuto osseo, con conseguente aumento della fragilità dell'osso e maggior rischio di fratture”

L’osteoporosi si verifica quando la massa ossea si riduce in maniera più rapida di quanto l’organismo riesca a sostituirla, con netto calo della resistenza ossea. L’osso pertanto diventa fragile, tanto che un leggero urto o una caduta possono provocare una frattura. Si parla in questi casi di fratture da fragilità. 

L’osteoporosi non dà segni o sintomi fino a che non si verifica una frattura per questo è definita “ladro silenziosoperchè ruba per anni, senza farsene accorgere, il calcio del nostro osso. 

L’osteoporosi colpisce tutti i siti scheletrici, ma le sedi più frequentemente colpite da frattura sono le vertebre (la colonna), in special modo quelle lombari, il polso e l’anca.

In quest’articolo prendiamo in considerazione la colonna lombare avendola sopra menzionata in relazione all’intestino ed essendo soggetta tipo più comune di frattura osteoporotica.

 

L’identificazione delle fratture vertebrali è importante perché sono forti predittrici di future fratture. La maggior parte delle fratture vertebrali non viene all’attenzione clinica ma esistono diverse modalità per indagare e visualizzare sospette fratture vertebrali. Raggi X, tomografia computerizzata (TAC), risonanza magnetica (RMN) o valutazione della frattura vertebrale ne confermano la presenza (D.L. Kendler MD et al; 2016).

 

Trattamento

 

Per un corretto e completo iter terapeutico è necessario definire se si tratti di una frattura stabile o instabile e se la lesione includa disturbi neurologici o meno.

 

L’indicazione al trattamento neurochirurgico dipende dal tipo di frattura della colonna, pertanto è necessario definire il livello di instabilità della lesione. 

Ad esempio una frattura vertebrale instabile necessita di un trattamento di stabilizzazione e/o decompressione della colonnamediante intervento neurochirurgico al fine di:

1. rimuovere una compressione in atto a carico di elemento nervosi spinali o radicolari

2. prevenire deformazioni spinali post-traumatiche che potrebbero costituire rischio di compressione e/o lesione di elementi nervosi in un secondo momento, soprattutto qualora il paziente assuma la posizione eretta.

 

Qualora si abbia di fronte una fratture stabile, l’indicazione al trattamento sarà diversa..

 

Gestione delle fratture acute sintomatiche vertebrali

 

La frattura vertebrale acuta può essere accompagnata da dolore osseo e spasmo muscolare ed il dolore disabilitante può persistere per diversi mesi indicando come misura a breve termine il riposo a letto e la somministrazione di paracetamolo, fans e analgesici narcotici per il sollievo dal dolore (Fink HA et al; 2002).

 

La terapia fisica è benefica per i pazienti che si stanno riprendendo da una frattura vertebrale acuta per ridurre il dolore e migliorare la mobilità. L'uso di tecniche di gestione del dolore nella fase acuta dopo la frattura vertebrale è benefico: ultrasuoni, idroterapia, ghiaccio, calore, mobilizzazione precoce, esercizi di stretching per ridurre lo spasmo muscolare e un leggero esercizio di rafforzamento (D.L. Kendler MD et al; 2016).

 

Non vi è prova evidente che il rafforzamento muscolare, l'allenamento dell'andatura o esercizi di flessibilità possano ridurre il rischio di future fratture vertebrali ma molti programmi di esercizi per pazienti a rischio di fratture vertebrali si concentrano sul mantenimento della sicurezza dei pazienti in caso di caduta.Gli esercizi di estensione della colonna vertebrale piuttosto che di flessione possono portare a un migliore sollievo dal dolore e a ridurre il carico sull'aspetto anteriore del corpo vertebrale (D.L. Kendler MD et al; 2016).

 

Il rinforzo posteriore (ovvero ortesi spinali, corsetto) può essere preso in considerazione nella fase acuta del trattamento dopo frattura vertebrale per aiutare a immobilizzare il sito della frattura, riducendo le vertebre fratturate da carico e migliorando l'allineamento spinale per consentire la guarigione e la gestione del dolore (Stadhouder A et al; 2009); (Pfeifer M et al; 2004).

 

Il corsetto è meglio considerato come gestione a breve termine in circostanze speciali; forti muscoli della schiena sono il miglior tutore a lungo termine.

 

L'aumento vertebrale, come la vertebroplastica e la cifoplastica, rimangono controversi ma potrebbero essere considerati in pazienti con frattura vertebrale documentata quando vi è dolore persistente nonostante la terapia medica o quando sono presenti deficit neurologici (Blasco J et al; 2012); (Mudano AS et al; 2009).

 

 

Gestione del dolore cronico in fratture vertebrali di vecchia data

I pazienti con una frattura vertebrale remota possono sperimentare dolore cronico alla schiena correlato a cambiamenti degenerativi adiacenti alla frattura vertebrale. Inoltre, la biomeccanica della colonna vertebrale viene interrotta a causa della cifosi, causando probabilmente tessuti molli cronici o dolore artrosico. Tali sindromi dolorose possono essere difficili da gestire e possono richiedere un approccio integrato (D.L. Kendler MD et al; 2016).

 

Per i pazienti con dolore cronico da frattura vertebrale, la terapia fisica può aiutare a rafforzare la forza muscolare generale, migliorare la postura e l'equilibrio e rafforzare i muscoli delquadricipite. L'esercizio fisico riduce sia il dolore che il rischio di fratture successive nei pazienti con frattura vertebrale (Sinaki M et al; 2002).

 

La stabilizzazione dell'andatura e la prevenzione delle cadute possono apportare grandi benefici ai pazienti. Può essere appropriata una valutazione dell'ambiente domestico per i rischi di caduta. I pazienti devono essere avvisati di evitare attività che potrebbero metterli a rischio di più fratture vertebrali, tra cui flessione in avanti, esercizio con il tronco in flessione, torsione, movimenti improvvisi e bruschi, salto, esercizio ad alta intensità e sollevamento pesi pesante (Sinaki M et al; 2013); (Ekin JA et al; 1993).

 

Il grado di restrizione dell’attività fisica deve essere temperato dal giudizio medico.

 

 

Crollo vertebrale e Stipsi

 

Tra le complicanze della frattura vertebrale ritroviamo il blocco intestinale per le correlazioni anatomica e neurologica precedentemente esplicate.

 

 

Cos’è il blocco intestinale?

 

È il termine medico che indica la presenza di un'ostruzione completa o parziale all'interno del lume intestinale; ostruzione che impedisce ai prodotti della digestione di circolare e transitare lungo il canale.

Il blocco può essere di tipo meccanico, con un ostacolo fisico all’interno dell’intestino, oppure di tipo non- meccanico, quando l’ostruzione è dovuta alla perdita di peristalsi, ovvero la mancata di coordinazione tra il piccolo ed il grande intestino.
I tipici segni e sintomi del blocco intestinale sono: 
• Forte dolore e crampi all'addome;
• Vomito;
• Flatulenza;

• Stipsi alternata a diarrea;
• Nausea;
• Riduzione dell'appetito e senso di gonfiore

Si parla di blocco parziale quando l'ostruzione che lo caratterizza occlude in parte il lume dell'intestino, limitando ma non impedendo il passaggio delle sostanze. Si indica un blocco intestinale completo l’occlusione è totale ed il passaggio di qualsiasi tipo di sostanza.

 

Ma prima di arrivare a situazioni critiche…

 

La può Senna rivelarsi un’ottima alleata! Scopriamo perché…

 

La Senna è una pianta medicinale impiegata sin dai tempi antichi come rimedio della fitoterapia e della medicina naturale per il trattamento della stipsi.

 

I più importanti principi attivi antrachinonici che caratterizzano la Senna vengono chiamati Sennosidi A e B; di fatto si tratta di glicosidi diantronici, contenuti in percentuali intorno all' 1,5%-3% nelle foglie ed al 2,5% nei frutti. Essi non sono attivi allo stato naturale, pertanto acquisiscono la loro azione lassativa soltanto dopo essere entrati in contatto con la flora batterica intestinale.

 

Quando sono ingeriti, attraversano lo stomaco e l’intestino tenue senza subire alterazioni ma quando giungono nel colon vengonotrasformati dagli enzimi prodotti dai batteri intestinali che liberano la reina, principio attivo caratteristico della Senna. La reina e gli altri derivati attivi aumentano il tono della muscolatura liscia longitudinale del colon con conseguente miglioramento dell’attività peristaltica e diminuiscono la permeabilità della mucosa intestinale, rendendo così difficile il normale assorbimento dell’acqua che si produce nell’intestino crasso. 

 

Grazie a queste proprietà agiscono come efficaci lassativi, facilitando l’espulsione di feci morbide, senza coliche, e come purganti, provocando le evacuazioni di feci liquide diarroiche, accompagnate da coliche. Sono, inoltre, in grado di potenziare il tono muscolare dell’apparato urinario e dell’utero.

 

 

 

 

References

1. D.L. Kendler MD, D.C. Bauer MD, K.S. Davison PhD, L. Dian MBBS, D.A Hanley MD, S.T Harris MD, M.R McClung MD, P.D Miller MD, J.T Schousboe MD, C.K. Yuen MD, MBA, E.M Lewiecki MD. Vertebral FractureCLinical Importance and Management. The American Journal of Medicine (Volume 129, Issue 2). February 2016

2. Fink HA, Ensrud KE, Nelson DB, et al. Disability after clinicalfracturein postmenopausal women with low bone density: the fracture intervention trial (FIT).Osteoporos Int. 2003..

3. Stadhouder A, Buskens E, Vergroesen DA, Fidler MW, de NiesF,Oner FC. Nonoperative treatment of thoracic and lumbar spine frac-tures: a prospective randomized study of different treatment options.J Orthop Trauma. 2009

4. Pfeifer M, Begerow B, Minne HW. Effects of a new spinalorthosis onposturetrunk strength, and quality of life in womenwith post-menopausal osteoporosis: a randomized trial.Am J PhysMed Rehabil.2004

4.Blasco J, Martinez-Ferrer A, Macho J, et al. Effect of vertebroplasty onpain reliefquality of life, and the incidence of new vertebral fractures:a 12-month randomized follow-up, controlled trial.J Bone MinerRes.2012.

4.Mudano AS, Bian J, Cope JU, et al. Vertebroplasty and kyphoplastyare associated with an increased risk of secondary vertebral compres-sion fractures: a population-based cohort study.Osteoporos Int.2009.

5Sinaki M, Itoi E, Wahner HW, et al. Stronger back muscles reduce theincidence of vertebral fractures: a prospective 10 year follow-up of postmenopausalwomen.Bone. 2002.

5.Sinaki M. Yoga spinalflexion positions and vertebralcompressionfracture in osteopenia or osteoporosis of spine: case series.Pain Pract.2013

6.Ekin JA, Sinaki M. Vertebral compression fracturessustainedduring golfing: report of three cases.Mayo ClinProc. 1993. Bnb h


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